Panzini ebbe quattro figli:
Emilio, nato il 21/6/1892 e deceduto nel 1981;
Pietro, nato il 30/11/1896 e deceduto nel 1981;
Umberto, nato nel 1900 e deceduto nel 1910;
Matilde, nata del 1908 e deceduta nel 2000.
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Emilio
Col primo figlio Panzini rinnovò il nome del padre Emilio, noto medico chirurgo, che operò a Rimini nel secondo Perimetro della Condotta fuori di Porta Romana e morì prematuramente al S. Orsola di Bologna il 2 maggio 1883, a 52 anni d’età.
Il primogenito di Alfredo Panzini compì gli studi a Milano, dove nacque; dopo le scuole primarie frequentò l’Istituto tecnico conseguendo il diploma di ragioniere.
Emilio viveva normalmente coi genitori a Roma, ma già dal mese di marzo si trasferiva nella villa bellariese per sovrintendere ai lavori dei campi, sotto la direzione del padre da Roma.
Ecco una delle tante lettere e cartoline che si scambiavano fra Roma e Bellaria:
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26 – VI – ‘29
Caro Emilio,
ricevo la tua lettera. Senza bisogno che tu me lo dicessi, sapevo benissimo che non avrebbe piovuto. E’ spaventoso, bisogna pensare ad innaffiare almeno i peschi. Innaffia anche abbondantemente quei due pini che ancora rimangono vivi giù in fondo alla rotonda. Guerrino sa dove sono. Il prezzo dei bozzoli è vergognoso, ma è così. Mi domando quale contadino e proprietario lavoreranno un mese e mezzo per niente.
Quanto al cavallo aspetta mia venuta e sta in pratica. Io sarò a Bellaria l’11 mattina. Spaventosamente occupato. Quanto alla vacca è ancora il meno male. Del resto colpa di Finotti che l’ha presa. Spero che il sig. Paride farà uno scalo nel prezzo per tutte le spese sostenute, veterinario, medicine, ecc.
Quanto alla scrofa va bene. E quella di Valducci? Emma è stata ricoverata all’ospedale per una noiosa tonsillite. Ora va meglio e a giorni sarà a casa. Titì partirà per Bellaria venerdì sera e sarà costà sabato mattina. Sappiti regolare.
Porta con sè tre graziosi piccioncini. Provvedi per la casetta sopra la capanna.
E’ Finotti oppure Attilio che ha cominciato a mietere? Sappimi dire se ha ricevuto da Pierino il foglio del Credito svizzero riguardante il benestare. Quei paletti di ferro sono arrivati per fare il recinto?
L’avviso dell’agente delle tasse è mostruoso. Speriamo rimediare. Riguarda 60 articoli annui del C. della S., mentre non sono che 23. A mille lire l’uno, immagina che tassa. Ho scritto in proposito a Maffi. E Maffi rispose dicendo che stava ai patti, cioè pensava al corriere.
Tanti saluti a te e a Finotti.
Come va la faccenda di Valducci? Salutameli caramente.
(aggiunta a mano)
Non è sicurissimo che arrivi sabato mattina. Tanto più, dunque, se dovessi essere a Donegallia o fuori di Bellaria, va pure, chè non importa tu sia lì alla stazione. Tanto la valigia la lascio alla stazione e a casa vengo da per me. Ciao.
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Emilio frequentò il corso ufficiali e prese parte alla grande guerra col grado di tenente. Pur trovandosi sempre in prima linea, era però impiegato in qualche ufficio. Infatti nelle lettere e cartoline inviate a casa rassicurava la madre dicendole di non temere per lui, in quanto non era responsabile di un reparto operativo.
Emilio aveva pure una barchetta a vela che teneva ancorata nel porto-canale di Bellaria, e con quella scorrazzava con le ragazze nei mesi estivi. Tornava a casa ad ore “impossibili”, quando la famiglia era già a tavola per il pranzo. Lui, a volte, si metteva a tavola in costume da bagno, redarguito severamente dalla mamma che gli diceva: “Sei un rospo!, rospo!, rospo!”
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Pietro
Di carattere diverso il fratello minore, Pietro. Anch’egli aveva compiuto gli stessi studi, a Milano, e quando il padre e la madre furono trasferiti a Roma, lì trovò lavoro e trascorse quasi tutta la vita. Si accasò nella villa bellariese solo negli ultimi anni, lavorando per una Compagnia di Assicurazioni.
La sua mania di “giocare” in Borsa lo portò ad alienare tutta la parte del patrimonio familiare che gli era venuta in eredità. Per il continuo bisogno di “liquido” alienò ben presto pure il piccolo fondo su cui aveva lavorato Finotti, compresa la “casa rossa”.
Il tutto finì in mano alla Società bellariese “Immobiladria”.
Viveva quasi sempre a Roma svolgendo diversi lavori, compreso il giornalista. Nella corrispondenza del padre ci sono tracce della collaborazione del figlio Piero con alcuni giornali romani e col “Carlino” di Bologna. Fu pure impiegato presso l’Ente Nazionale per la Cinematografia.
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Umberto
Il terzo figlio, Umberto, morì nel 1910, a dieci anni d’età, gettando nello sconforto la famiglia Panzini. Il piccolo era stato portato a Rimini, presso la nonna paterna, nella speranza che l’aria più salubre giovasse alla sua salute. Ma tutto fu inutile. A quei tempi si moriva pure per causa della difterite.
Queste le convulse comunicazioni della moglie Clelia da Rimini al marito a Milano:
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(Cartolina della moglie Clelia da Rimini al marito a Milano – senza data –
con scritta URGE)
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Mio Alfredo, appena ricevuta questa mia parti subito per Rimini, perché Umberto sta male, non tardare; quest’oggi è venuto Cardi, l’ha trovato male, e da domenica guarda il letto per un forte raffreddore e dolore di gota.
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(Telegramma da Rimini a Milano indirizzato a: AURELIA JOSZ – Solferino 3 Milano – data 26 – 4 – 10)
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CAUSA PARALISI CARDIACA UMBERTO NON E’ PIU’ PREPARI ALFREDO IO ARRIVERO’ DOMANI SERA = CLELIA
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Matilde
L’ultima nata di casa Panzini fu Matilde. Con questo nome venne così rinnovato quello di una sorellina di Alfredo, deceduta subito dopo la nascita.
A Matilde (Titì) Alfredo Panzini era particolarmente affezionato.
A lei il padre ha dedicato il libro: “Le fiabe della virtù”.
Matilde era una bella ragazza e sembra che non fosse insensibile alla corte del dottor Aldo Mayer (direttore amministrativo del “Piccolo” di Trieste e scrittore) che, nei mesi estivi, frequentava assiduamente la “casa rossa”. Dopo la morte del padre, Matilde si rinchiuse in un convento di suore. Venne a Bellaria nel 1983, invitata dal Sindaco Baldassarri, in occasione del convegno su Alfredo Panzini, tenuto al Palazzo del turismo.
Gli ultimi anni della sua vita li trascorse nella Casa di riposo per anziani di San Mauro Pascoli.
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I tre figli di Panzini, Emilio, Matilde e Pietro, con la moglie Elide, riposano nel cimitero di Bellaria. Il piccolo Umberto fu sepolto nel cimitero di Rimini.
A proposito della sepoltura del figlio Umberto, si riporta l’elenco delle spese che il padre ha diligentemente annotato, compreso il conto del parroco riminese che ha provveduto alle esequie ed al trasporto della salma, quando anche il sacerdote officiante emetteva regolare fattura con la distinta delle spese.
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GUALTIERO PECORELLI – RIMINI – Lavorazione da falegname con Deposito di Casse Mortuarie usuali e di lusso foderate di zinco o piombo – Via Tempio Malatestiano (Palazzo Vescovile).
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Sig. Professore Panzini, lì 27 aprile 1910
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Per ordine del Sig. Direttore Stramigioli:
Una cassa d’arice a tre piani e foderata di zinco con sportellino e vetro e guarnita e verniciata a smalto bianco £. 70
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Il falegname Pecorelli Gualtiero
(con marca da bollo da centesimi 5)
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IL CONTO DEL PARROCO
Trasporto del fu Umberto Panzini
Campana £. 2,00
Quarta funerale “ 7,50
Accompagno di tre sacerdoti “ 2,50
Croce “ 0,70
Chierichini “ 1,00
Sagrestano “ 2,00
Trasporto al cimitero sacerdote “ 1,50
Croce “ 0,70
Saldato £. 17,90
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Rimini 27 – 4 – 10
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D.G.Arcipr. Tendi
I figli